Infertilità psicogena e come curarla
Non potevo esistere senza di loro. Ecco perché lamia sofferenza era… come rimanere senza respiro dopo un pugno nello stomaco e cadere in un buco… nero
Con queste parole una mamma di due bimbi descrive brevemente i lunghi anni trascorsi alla disperata ricerca di una gravidanza, parole che traboccano, con la loro semplicità, del vero significato di QUELLA gravidanza, di QUEL bambino idealizzato, di QUELLA mamma.
Tante, e sempre in aumento, sono le coppie che percorrono lo stesso cammino, fatto più o meno delle stesse esperienze, vissute in maniera soggettiva, ma sempre cariche di una sofferenza quasi inspiegabile, a volte, soprattutto a sé stessi.
Vogliamo un bambino
Tutto inizia con un progetto: “Voglio o vogliamo un bambino” (discuterò, poi, sul significato del tutto personale di questa affermazione). Continua poi con ginecologo, urologo, andrologo, endocrinologo che nella migliore, ma rara, delle ipotesi non speculano.
Iniziano i tentativi… le attese… i pensieri preoccupati si affacciano nella mente e nel cuore di queste coppie speranzose, ma si continua ad aspettare…
Perché questo bambino non arriva?
Ma non era naturale rimanere incinta?
In questo momento viene messo tutto in discussione.
Sì perché dopo la pubertà si apre un capitolo tutto controverso nella vita delle donne. In quel il pensiero principale era quello di NON rimanere incinta. La contraccezione diveniva il tema principale nelle preoccupazioni dei genitori, negli avvertimenti degli insegnanti, nelle riviste che si era stimolati a leggere colme di informazioni sul tema.
Ma ora è tutto diverso.
La condizione di coloro che cercano una gravidanza e non riescono, mette in discussione tutto. Stravolge i parametri di riferimento e disorienta. I pensieri negativi si affollano nella mente di coloro che “non diventeranno mai, pare, quella che la società considera una vera famiglia” – pensano. La società che ci circonda è più felice di classificare queste donne come madri o donne in carriera. Se sei sposato o convivi in una relazione stabile da diversi anni, gli amici e i conoscenti tendono involontariamente, o no, ad indagare sui progetti in ambito familiare.
“ma non volete figli?”
“ma se aspettate il momento giusto non arriverà mai”
“ma insomma pensate solo alla carriera”
Infertilità, mascolinità, femminilità
Purtroppo, il dolore provocato da queste domande è notevole per quanto le risposte possano essere convincenti e le difese personali possano essere forti. Inoltre, lo stato di infertilità va ad intaccare le basi della propria sessualità. L’impressione di mancare di femminilità o di mascolinità, l’idea di essere delle “nullità“ sessuali sono soltanto alcune delle conseguenze dovute alla infertilità e alla sterilità. Gli uomini soffrono, ma molti di loro sembrano adattarsi all’infertilità più facilmente delle donne. Forse lo si deve al fatto che la loro emotività tende ad essere repressa durante la crescita investendo maggiormente sul potenziamento delle loro abilità creative o produttive, più che sugli aspetti emotivi. Nelle culture in cui, invece, la paternità è fondamentale per l’ego maschile, l’incapacità di procreare può infliggere un duro colpo all’orgoglio del partner.
La maggior parte delle donne, invece, sente la propria femminilità diminuita. Il desiderio di maternità diviene un bisogno fisico ed emotivo alla stregua di quello di un tossicodipendente che desidera disperatamente una dose.
[vedi in proposito gli articoli sulle dipendenze]
Una testimonianza scritta e personale di una donna, raccolta da CHILD, un gruppo di sostegno per persone con problemi di infertilità in Inghilterra, esprime chiaramente i concetti sopra descritti:
“Ho l’impressione di avere tantissimo amore da dare e di non sapere dove riversarlo. È un amore diverso da quello che provo per il mio partner.. Sento che una parte di me sta morendo dentro, sta appassendo. Penso che la maggior parte delle donne (e alcuni uomini) con figli, mi considerino incompleta, non una vera donna, perché non sono riuscita ad entrare nel “club“ ed a conformarmi alle aspettative della società che ci sono state inculcate negli anni dello sviluppo e che ci condizionano: le bambine giocano con le bambole e i maschi con le macchinine […] Pertanto, non è facile cancellare la “preparazione per la vita” (o per gli ormoni, se è per quello). Anche nel corso di biologia, quando viene spiegata la riproduzione umana tutto viene dato per scontato. “Si fa così e nasce un bambino”. Nell’adolescenza la contraccezione ci viene inculcata con la forza per evitare gravidanze indesiderate, quindi maschi e femmine sono certi di essere individui altamente fertili, tutti capaci di riprodursi. Nulla ci prepara per la scoperta del contrario, vero?” (Ironside V., Biggs S., ed. it. 1999).
Nel momento in cui diveniamo consapevoli che l’evento gravidanza e/o genitorialità non dipende solo da fattori biologici o dal semplice desiderio personale, inizia il peregrinaggio dai vari specialisti in seguito alla frustrazione e alla ricerca di possibili risposte al problema che possono essere vissute come più o meno stressanti, ma che hanno come unico obiettivo una gravidanza ad OGNI COSTO. Il medico di famiglia generalmente conclude con la frase: “dovete RILASSARVI!” tanto odiata dagli addetti ai lavori (alias coppia alla ricerca di una gravidanza).
I sentimenti dell’infertilità
E, cosi, veniamo invasi da forti sentimenti di impotenza e mancanza di controllo sul futuro e si innescano sentimenti di rabbia che, in genere, investono tutti e tutto. Collera nei confronti dello stupido medico che, dopo un anno di tentativi infruttuosi, non ha pensato di indirizzarci ad una clinica della fertilità; irritati quando un altro membro della famiglia aspetta un bambino; furibondi quando leggiamo di bambini maltrattati dalle famiglie; ed è altresì possibile che iniziamo a nutrire rabbia per il nostro compagno, cominciando incolpandoci a vicenda per la situazione; o furiosi contro parenti e amici insensibili con le loro affermazioni stereotipate e superficiali come “Non vorrete aspettare troppo, vero?”.
Come dice Jennifer Hunt, consulente nel campo della fertilità: “Accade spesso che le coppie siano così scioccate dalla diagnosi iniziale che sono come intontite e incapaci di comprendere i fatti che vengono loro spiegati. Progetti di vita elaborati con cura vengono improvvisamente messi in pericolo dallo spettro della sterilità. Il senso della realtà e della normalità si attenua. Le coppie sentono di vivere un incubo! Gli incubi sono fatti di paura, confusione, senso di impotenza e di mancanza di controllo, minacce di violenza e, soprattutto, uno schiacciante senso di PERDITA” (Ironside V., Biggs S., ed. it. 1999).
Isolamento, rabbia, incredulità, rifiuto, senso di colpa, paura, ostilità, tristezza, disperazione e impossibilità di vivere ed elaborare un LUTTO: sono questi i SENTIMENTI DELL’INFERTILITÀ.
Gli studiosi che hanno condotto ricerche sull’infertilità hanno realizzato che moltissime coppie (più della metà), giudicavano l’esperienza dell’infertilità come la più dolorosa e sconvolgente della vita.
Un altro studio su pazienti infertili ha rilevato che il 40% delle donne ed il 16% degli uomini avevano un livello di depressione clinicamente significativo
Ed inizia qui la tipica situazione del gatto che si morde la coda. Si innesca un meccanismo dove lo stato di momentanea infertilità fisiologica altera i processi modulatori del sistema nervoso e condiziona il nostro stato psichico. I nostri sentimenti e le nostre emozioni, a loro volta alterano gli equilibri ormonali compromettendo lo stato fertilità.
E ci sentiamo incastrati in un tunnel senza fine, in una specie di girone infernale dal quale sentiamo di non avere la forza di uscire. Proviamo un tale senso di vuoto e di perdita che a volte risulta inspiegabile, poiché in fondo sentiamo di aver perso qualcosa che non esiste. Ed invece non è così.
“Molte delle mie pazienti hanno un’idea reale di come sarebbe avere un bambino. Sanno perfettamente quello che perdono. Riescono ad immaginare il figlio come se fosse vero” (Ironside V., Biggs S., ed. it. 1999).
Il vero problema è che il senso di lutto è per qualcosa di fisicamente e socialmente intangibile.
Non ci sono funerali per gli infertili. Non ci sono biglietti di condoglianze
Shapiro (1988) descrive l’infertilità come una perdita silenziosa, di solito priva di rituali per legittimare il dolore di una coppia che piange il loro bambino sognato. L’autrice suggerisce che non appena vi è una realizzazione che l’infertilità è un problema reale, inizia un processo di lutto anticipatorio per la prole che non potrà mai esistere. Un processo di lutto anticipatorio allo scopo di allontanarsi emotivamente dall’attaccamento verso quel bambino fantasticato, e questo può portare alla depressione.
Esiste un protocollo di intervento psicologico per aiutare queste coppie ad affrontare questo difficile momento e degli psicologi con esperienza nel settore che possono sostenere il processo di realizzazione del proprio desiderio di genitorialità.
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