Cos’è lo stress?
Al giorno d’oggi parlare di stress mi pare come era negli anni ’90 del secolo scorso parlare dell’Aloe Vera. Se chiedevi a qualcuno che effetti avesse e come si potesse impiegare ti rispondevano con miracoloso effetto sgrassante per stoviglie, oppure effetto lucente per capelli, ma se te la fossi spalmata sul viso saresti ritornato con la pelle di una 20enne.
Ecco, con lo stress la stessa cosa, ma al contrario: fa male a tutto, ma nessuno sa che farci. Al massimo trovi il fantomatico operatore olistico o il medico di base (con tutto rispetto per tutti gli operatori seri in entrambi i settori) che ti dice che devi rilassarti.
Dopo questa breve introduzione poco professionale fatta per alleggerire la pesantezza della superficialità con cui viene trattato volgarmente questo argomento fornisco un pò di informazioni studiate!
Cos’è davvero lo stress?
Lo stress viene definito come una reazione emotiva a stimoli esterni che suscitano risposte fisiologiche e psicologiche di natura adattiva o disadattiva (Galimberti U, 1999).
Se gli sforzi del soggetto falliscono perché lo stress supera le capacità di risposta, l’individuo è sottoposto a una vulnerabilità nei confronti della malattia psichica, di quella somatica o di entrambe.
Cosa significa?
Significa che ogni evento interno o esterno invita in nostro organismo a reagire allo scopo di adattarci alla vita.
Esempio: fame? Stress da fame. Risposta adattiva? Cerco cibo, mi muovo per cercarlo e mangio!
Altro esempio: mi fa male la schiena perché sto troppo tempo seduto a lavorare? Stress da dolore articolare, stress da eccessivo lavoro. Risposta adattiva? Devo muovermi perche senno il mio corpo ne soffre ed io tolgo troppo tempo ad altre attività piacevoli sacrificate dal lavoro, quindi mi muovo, sto meglio, sono piu sereno.
Detto questo si capisce che lo stress è una risposta PRO-VITA non CONTRO la vita.
Modelli teorici sullo STRESS
Tra i modelli teorici che hanno studiato lo stress riconosciamo:
. Modello Fisiologico con le teorie e gli studi di Cannon W.B.(USA, 1932), e di Seyle (Austria, 1971).
. Social Cognition con le teorie di Lazarus e Folkman (USA, 1984).
Partendo dagli studi, nel 1860, del fisiologo francese C. Bernard secondo cui l’organismo umano ricerca costantemente una condizione di equilibrio interno o “costanza dell’ambiente interno”, lo stress si configura come ciò che porterebbe allo squilibrio di tale costanza.
Nei primi del ‘900 W. Cannon tradurrà la “costanza dell’ambiente” interno nel concetto di omeostasi, secondo cui l’organismo tende a mantenere un equilibrio dinamico tra il suo interno il suo esterno. Per Cannon, Le modificazioni fisiologiche che intervengono in quella che lui chiamerà “reazione d’allarme “, tendono a tornare alle condizioni iniziali, ristabilendo un equilibrio. Sarebbero quindi i meccanismi omeostatici a garantire la stabilità dell’organismo. Lo stress si configurerebbe come una perturbazione dell’omeostasi. E’ importante notare come, secondo Cannon, l’equilibrio omeostatico non è solamente fisico, ma anche emotivo.
Nel 1936 H. Seyle, scienziato ungherese, si rifà esplicitamente al lavoro di Cannon, pur considerando l’adattamento dell’organismo agli stressor ambientali come “l’essenza stessa della vita”. Egli è, a pieno titolo, il padre della ricerca sullo stress. Nel primo dei suoi esperimenti di laboratorio, Seyle sottoponeva a diverse fonti di stress alcuni topi, che passavano da una prima fase di allarme o una di resistenza ed, infine, ad un ad esaurimento. Durante queste fasi, egli registrò le modificazioni psicofisiologiche rilevabili nelle cavie: aumento del cortisolo, ingrossamento delle ghiandole surrenali, danni alle mucose dello stomaco ecc.. Ne dedusse che il topo, sottoposto a condizioni di stress, reagiva tentando di adattarsi. Quell’ adattamento, pur prolungando la sua vita, generava dei disturbi. Seyle definì quella condizione “sindrome generale di adattamento “che costa di tre fasi:
Allarme: uno sforzo improvviso (fisico e psichico) attiva il Sistema Nervoso Autonomo e precisamente la componente del Simpatico (asse ipotalamo-ipofisi-surrene). L’organismo si allerta e si attiva per fronteggiarlo;
Resistenza: se lo sforzo prosegue nel tempo, l’organismo cerca di adattarsi, ma questo può portare alla formazione di ulcere gastrointestinali ed all’ingrossamento delle ghiandole surrenali; Esaurimento: quando l’esposizione all’evento stressante si protrae in modo abnorme e l’organismo non può mantenere oltre lo stato di resistenza, l’organismo esaurisce le energie impiegate nell’adattamento, e rischia danni irreversibili, se non addirittura la morte.
Fu suo il merito, dunque, di introdurre l’idea che possano esistere disturbi derivanti da un “eccesso di risposta”. Ad esempio: una sovraproduzione di cortisolo (il cosiddetto “ormone dello stress”) ha ricadute importanti e potenzialmente nocive sulla pressione arteriosa, sull’attività cardiaca, sulla funzione renale, sull’equilibrio glicemico e sul sistema nervoso.
Con gli studi di Selye l’omeostasi passerà in secondo piano, mentre fondamentale diverrà la capacità di gestione dello stress e di adattamento psicofisiologico allo stesso. Non potendo eliminare gli stressors dalla vita, è necessario, secondo l’autore, imparare ad adattarvisi. Se tale adattamento non avviene, o avviene in maniera disfunzionale, l’organismo si ammala.
Selye distingue due tipologie di stress, il distress: stress nocivo perché può portare l’individuo alla terza fase della sindrome generale dell’adattamento e l’eustress: esperienza di cambiamento positiva (es. l’atto sessuale, il superamento di un esame, ecc). Lo stress non è necessariamente dannoso.
L’importanza della teoria di Selye è dovuta al fatto che per la prima volta viene stabilita l’esistenza di una relazione tra stimoli esterni pericolosi o minacciosi e reazione interna dell’organismo. Inoltre, viene stabilito che la reazione di stress è una reazione aspecifica di fronte a stimoli di diverso tipo e che il suo significato è adattivo e difensivo per l’organismo anche se, in particolari condizioni, può dare origine a patologia.
Negli anni ‘90 Bruce McEwen, neuroendocrinologo statunitense, introdurrà il concetto di allostasi (1998). Laddove l’omeostasi richiamava un’idea di stabilità come ripristino di condizioni precedenti, il termine allostasi invece farà riferimento ad una nuova (allos = altra) condizione; la stabilità che si ottiene tramite il cambiamento. Quando le funzioni dell’allostasi non si attivano/disattivano al momento giusto o si ripetono troppo di frequente, questo sistema di protezione si rivolta contro l’organismo e avviene ciò che McEwen chiamerà “sovraccarico allostatico”, il cosiddetto “danno da stress”.
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